Brancaleone Vetus è un borgo fantasma abbandonato nel 1953. Si trova nell’estremo sud della Calabria. Arroccato su un colle, sorveglia un ampio tratto di costa ionica. Una vera e propria ghost town con ancora molto da rivelare.
Brancaleone ha origini antiche. Trascurato per lungo tempo, nel 2008 nasce il Parco Archeologico Urbano di Brancaleone Vetus. Ben gestito dalla Pro-Loco di Brancaleone dal 2017.

Perché visitare Brancaleone Vetus?
Credo che i paesi abbandonati dicono molto di noi: chi siamo, da dove veniamo, e perfino dove andiamo. Sono musei open-air che mostrano la vita di prima dello smartphone.
Ho con me il libro di Vito Teti Il senso dei luoghi. La mia guida ai borghi abbandonati in Calabria. Prima di salire quassù ho riletto le pagine dedicate a Brancaleone.
E Brancaleone Vetus ha a che fare con me. I miei genitori sono originari della zona e questo è lo scenario dei racconti dei miei nonni.

A Brancaleone Vetus
La strada serpeggia fino ai 311 metri dell’antico borgo. Avvicinandomi, cattura subito il mio sguardo la chiesa color sabbia. Rinnovata nel 2008, ora ospita il Centro documentazioni di Brancaleone Vetus.

Le rocce rosse lunari
Dietro la chiesa, un sentiero sale al nucleo storico del borgo. Avanzo a testa in su sotto la roccia a strati della rupe. Grappoli di fichi d’india ciondolano dalla roccia.
Cesare Pavese – confinato dai fascisti a Brancaleone – le definì “le rocce rosse lunari”.

Il nucleo storico del borgo
In cima al vecchio borgo c’è uno spiazzo. Qui c’era l’antica chiesa, crollata a inizio novecento. La vista spazia dai primi contrafforti dell’Aspromonte fino a un vasto tratto di costa ionica.
E sulla costa sbarcavano i pirati saraceni. Le loro scorrerie portavano morte e distruzione.

Dell’antica chiesa matrice è rimasto solo il pavimento con i sepolcri ormai vuoti. E questa lapide del 1741.

Piazza Vittorio Emanuele
Era la piazza principale di Brancaleone. Dove ci si ritrovava per parlare o festeggiare. Adesso il silenzio è rotto solo dal vento con i suoni della Brancaleone sul mare.
La vecchia piazza è piena di buche. Erano le aperture per silos scavati nella roccia. Qui si conservavano le granaglie del paese.

Mi accuccio dentro un silo per scattare questa foto.

La grotta dell’albero della vita
Nascosta dietro la piazza, c’è la grotta-chiesa dell’albero della vita. Una delle tante grotte scavate nella rupe.
Un pilastro centrale scolpito nella roccia simboleggia il tronco. I rami sono accennati nel soffitto. È l’albero della vita. Simbolo religioso portato dagli armeni in epoca bizantina.
Graffiate sulla parete, una croce e un pavone stilizzato. Altro simbolo armeno arrivati in epoca bizantina.

Tutto torna alla terra
Scendo lungo la scarpata sotto la piazza. Erba alta invade il sentiero. Odore di origano.
Dentro i ruderi, niente tubature, fili elettrici, servizi igienici. Il paese venne trascurato di proposito?
Inciampo sulle pietre di un muro appena crollato. Tutto sembra tornare alla terra.

Il cimitero
Tombe basse. Arrangiate. Lapidi con fotografie in bianco e nero. Visi scavati di gente di Brancaleone.
Ripenso all’epigrafe letto in molti cimiteri: “Noi eravamo come voi, voi sarete come noi”.
Tutto torna alla terra.
