Roghudi Vecchio è un paese abbandonato nel 1973. Si trova in una gola profonda dell’Aspromonte. Una ghost town che racconta la Calabria di una volta.
Il vecchio borgo occupa la cresta di una rupe. Le case cadono a grappolo lungo i fianchi della roccia fino alla fiumara Amendolea.

A Roghudi si parlava il greco
Abitato sin dal 1050, Roghudi contava 1650 residenti. Erano in gran parte pastori e agricoltori. I roghudesi appartenevano alla minoranza linguistica grecanica. Per le strade del borgo si parlava il greco di Calabria.

L’abbandono
Nel 1971, un’alluvione porta allo sgombero del paese. Gli abitanti vengono dislocati nei paesi vicini. L’abbandono dell’antico borgo è la fine del greco di Calabria come lingua principale dei roghudesi.

Esplorare Roghudi vecchio
Percorro a piedi la stradina cementata da poco. A sinistra una fila di ruderi con le porte sfondate. A destra il dirupo.
In cima al borgo trovo la piazzetta con la chiesa, l’unico edificio restaurato. Dentro c’è solo un altarino di marmo con sopra alcune immagini votive e un crocifisso fatto con due rami incrociati.

Le porte delle case sono sfondate. I tetti rovinati. Gli infissi sbatacchiano al vento.
Le stanze sono piccole, le scale ripide, i servizi arrangiati nei sottoscala. Poche le masserizie: cucine economiche, pentole, vasche per lavare i panni.
Le madri di Roghudi
Le madri di Roghudi legavano i loro piccoli alle caviglie. Poi fissavano le corde a dei chiodi conficcati nei muri. Lo scrive l’antropologo Vito Teti nel suo libro Il senso dei luoghi.
Guardo in basso, comprendo i timori delle madri di Roghudi.

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